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Proequo - Uccidere

Così ho scoperto che ci sono dei signori che non vanno a uccidere, ma a fare dei prelievi.

04/10/2006

 Avevo appena finito di mettere le ultime cose nella piccola valigia che porto in Tailandia, quando alla televisione, rimasta ancora accesa, ho sentito annunciare l'apertura della mattanza di caprioli anche nella zona dove vivo. Un politicante, con parole che mal celavano ipocrisia e opportunismo politico, sosteneva, arrampicandosi sugli specchi, le ragioni del provvedimento. Ciò che più mi ha colpito, peraltro, è stato il sentire le parole che vengono usate per mascherare una attività eticamente non giustificabile, le quali, se non fosse per la tragedia che vogliono nascondere, cadrebbero decisamente nel comico. Ho sentito dire che le associazioni venatorie ora si chiamano associazioni di protezione ambientale e naturale o qualcosa del genere, mentre il mascheramento maggiore è quello del verbo “uccidere” che viene sostituito con la parola “prelievo”. Così ho scoperto che ci sono dei signori che non vanno a uccidere, ma a fare dei prelievi.
Mi sono subito chiesto: “A chi viene proposto di fare i prelievi?” Certamente non a coloro che la pensano come me, perché questo “prelevare” è contrario ai nostri principi etici. “No.”, avremmo risposto declinando l'offerta, “Non siamo dei boia.” E' chiaro, quindi, che la proposta di “prelevare” viene fatta a chi desidera “prelevare”. E pare che gli aspiranti siano addirittura in lista di attesa. Ma chi sono costoro? Indubbiamente esseri umani che hanno il gusto di uccidere: una considerazione, questa, inconfutabile.Uccidere per gusto, però, è una aberrazione della natura. Il predatore non uccide per divertimento: l'attività che lo porta a farlo non lo diverte affatto. Uccide per la necessità di vivere: uccidere rappresenta per lui una fatica, la maggiore di quelle che costituiscono la sua fatica di vivere.Per la legge naturale il gusto di uccidere è una anomalia, una deviazione che porta fuori da quel Regolamento che è ferreo anche nei suoi aspetti violenti.. Il gusto di uccidere, ove si verificasse, apparterrebbe solo all'essere che è fuori dall'equilibrio naturale a causa della sua deviazione mentale.
E l'etica umana che cosa dice?Il quinto comandamento giudaico-cristiano dice: Non uccidere. Proprio così: tout court Non Uccidere. Il che significa, senza ombra di dubbio, che l'atto di togliere una vita, quale che essa sia, è una violazione del Comandamento, una violazione della Legge Divina, quindi una violazione della volontà di Dio. Il credente sa quale pena aspetta chi viola la volontà divina.
Più ampio e profondo il precetto buddista dice: Non causare sofferenza a nessun essere vivente.
La sofferenza maggiore che si possa causare a un essere vivente è quella di togliergli la vita, perché tutti gli esseri, anche i più piccoli e apparentemente insignificanti vogliono vivere e hanno diritto alla vita come ciascuno di noi. Ma il precetto non è confinato al non uccidere: rispetto al Comandamento biblico ha un significato ancora più profondo. Dice, infatti, che non bisogna causare sofferenza. E si può creare sofferenza anche senza uccidere. Si può, ad esempio, torturare un essere vivente senza giungere a togliergli la vita.
Determinati a non causare sofferenza a nessun essere umano o altra creatura vivente formiamo in noi stessi uno stato mentale sano fondato su bontà e compassione verso tutti gli esseri viventi e sul rispetto per il loro diritto a vivere senza sofferenza. Se riuscissimo a comprendere che tutte le creature soffrono come noi, non sentiremmo alcun desiderio di far loro del male o di ucciderle.
In conclusione: non abbiamo alcun diritto di uccidere.

Carlo Faillace

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